Secondo te è sbagliato prendere a cuore i progetti di lavoro?

Ciao!
Oggi parto dritta per dritta, riprendendo subito la domanda che hai trovato qui sopra.
Quesito difficile, risposta molto difficile.

Lavoro è lavoro, dicono. E cosa cavolo vuol dire? Probabilmente che siamo nel campo del

DOVERE
CINISMO
RESPONSABILITÀ
OGGETTIVITÀ
CALCOLO
SERIETÀ
RIGORE
… l’elenco può proseguire.

Io di base sono d’accordo, nel senso che è ovvio che per essere un buon professionista ci vuole rigore (parola che preferisco di gran lunga a tutte le altre che ti ho elencato qui sopra, perché mi ricorda anche la sfera dell’etica).

Il punto, però, è che io non so fare il mio mestiere senza appassionarmi alla materia che tratto. Mi viene chiesto di pensare, parlare e immaginare (visivamente) con te e per te, azienda.

E come faccio a farlo se non entro dentro ai tuoi meccanismi, se non decido di rincorrere i tuoi obiettivi di marketing (sì sì sì, pure io voglio che ti aumenti il fatturato), facendoli anche miei?

Per lavorare bene, devo trovare un modo per amare quello che fai tu.
A volte è più facile, altre è più difficile – non è che mi piacciano tutti gli argomenti e tutti i mercati, com’è normale che sia. Però ti assicuro che, anche se il tuo settore è molto distante da me, troverò il modo di vederlo con i tuoi occhi.

Questo mi porta inevitabilmente a prendere a cuore quello che faccio. I tuoi successi sono anche i miei – frase inflazionatissima, ma giusta in questo momento – e i tuoi insuccessi di conseguenza – nei limiti di quello che mi compete, naturalmente.

Allora io chiedo, di nuovo: è sbagliato prendere a cuore i progetti di lavoro, e quindi le aziende?

Non ho una vera risposta, infatti la domanda non è affatto retorica!

Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensi tu, se provi ad emozionarti o se invece tieni le emozioni direttamente fuori dalla porta per lavorare meglio. Forse è tutta una questione di equilibrio tra i due poli?

Io ci penserò ancora, promesso 😉

Nel frattempo, un super salutone

Sara